Omelia Santa Messa festa Patronale di
San Nicola 15.05.2005
Andiamo oltre! “Carissimi fedeli,
come ogni anno ci accingiamo a santificare la festa del nostro Santo
Patrono,
l’insigne S. Nicola di Bari, che, con la sua illuminata
e trasparente fede, testimoniò la grandezza
della Carità cristiana. La sua vita, rivissuta
attraverso il novenario, funga per tutti noi da esempio. La celebrazione di
tale ricorrenza aiuti tutti gli abitanti di Bocchigliero a sentirsi
membri
attivi della comunità, perché la solennità
Patronale sia vissuta come momento
di edificazione e di crescita cristiana e risulti prodotto
dell’armoniosa,
generosa, umile e disponibile collaborazione di tutti.”. Questo
è quanto si
legge sul programma della festa di S. Nicola, che, oggi, la nostra
comunità
parrocchiale si accinge a festeggiare. I nostri padri scelsero S.
Nicola di
Bari come Santo patrono di Bocchigliero, un Santo venerato in tutte le
Chiese,
in oriente come in occidente, per la propensione all’ecumenismo, ovvero
per la
sua attenzione al dialogo tra le genti. A
lui, portatore di
Pace e di Speranza rivolgiamo la nostra preghiera in questa giornata
che
quest’anno coincide con la celebrazione della Pentecoste, che rievoca
la
discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. Possa
il dono dello
Spirito Santo illuminare le menti di
tutti noi e renderci docili al suo insegnamento. Ho riflettuto a lungo prima di decidermi a sottoporre all’attenzione di voi tutti questi pensieri, che nascono da una seria preoccupazione. Mi
sono interrogato
a lungo sull’opportunità di inserire queste mie considerazioni
nell’omelia di
oggi ,giungendo alla conclusione di avere più che il diritto un
dovere preciso
di intervenire,proprio in questa giornata che vede le famiglie riunite
in
festa. Quanto
accade nella
concreta quotidianità della convivenza civile non può
passare sotto silenzio ,
sia nel bene che nel male. Chi,
come il
sottoscritto, si trova,in qualità di guida e pastore, ad
occupare un ruolo di
responsabilità, che significa, in primo luogo, attenzione,
dedizione e servizio
verso un’intera Comunità , non può assistere passivamente
a quella graduale e
inarrestabile degenerazione civile che è esattamente il
contrario della convivenza
civile. Quanto
è accaduto
in queste ultime settimane ha fotografato una realtà destinata a
ripercuotersi
negativamente su se stessa a lungo termine ed ha segnalato l’esistenza
di
problemi che affondano le radici in situazioni pregresse mai risolte,
che hanno
attecchito corrodendo sul nascere qualsiasi intento propositivo. Ne
è
testimonianza la storia stessa di Bocchigliero, per lo meno di
quest’ultimo
decennio, che ha visto un’alternanza nella gestione amministrativa con
le
medesime finalità e i medesimi risultati, senza sostanziali
cambiamenti
innovativi che abbiano conferito
un’impronta diversa al paese:
Bocchigliero è sempre lo stesso microcosmo che rischia sempre
più di finire
avviluppato nella rete del suo isolamento geografico. Urge
più che mai, a
mio avviso, fermarsi a riflettere assieme sulle cause dell’attuale
situazione,
partendo da una meditazione sul
significato di due termini fondamentali,antichi come l’uomo, che
vengono
pronunciati e utilizzati, spesso, a sproposito: politica e democrazia. Politica
non è mera
e indiscriminata fedeltà al proprio credo ideologico, non
è irrazionale attaccamento ad un
partito, ai
danni di un altro,non è faziosità; letteralmente
significa “ciò che attiene alla vita della polis,
ovvero dei cittadini,è l’arte
di governare lo Stato”.Ciò,evidentemente,implica
il passaggio dal particolare all’universale, ovvero
dall’interesse privato, di partito, a quello
collettivo. Finché
continueranno a regnare sovrane l’incomunicabilità
e la non disponibilità al dialogo, di quale bene comune
si potrà
parlare? Finché
la mancanza
di fiducia nell’altro ostacolerà sul nascere qualsiasi
iniziativa che
provenga da chi amministra,e viceversa, come si potrà assistere
a qualche
cambiamento sostanziale? Finché
l’attaccamento
a pseudo-principi e ai pregiudizi
impedirà di discernere serenamente i problemi effettivi dalle
futili diatribe
personali, come si potrà elaborare serenamente
un programma che sia conforme alle esigenze
socio-economiche- culturali
del paese? Finché la tendenza alla calunnia e alla deformazione delle notizie continueranno ad esistere portando,inevitabilmente, alla deformazione della realtà, come si potrà acquisire una coscienza politica comune,prerequisito indispensabile per costruire un percorso comune? Finché
le critiche
non costruttive e il ricorso a espedienti bassi non
cederanno il
posto al democratico confronto, all’ascolto, al dialogo
interlocutorio,come si
potrà operare proficuamente in una prospettiva futura mirata
alla salvaguardia
di un paese che rischia di scomparire,attraverso la valorizzazione
delle sue
risorse e delle potenzialità presenti nella popolazione? Finché
continueranno a proliferare episodi gravi e ingiustificabili come
quelli
verificatesi recentemente,con ,a maggior onta, secondo me, un’eco
nazionale
attraverso i mezzi multimediali, quale
testimonianza di vita, quale esempio daremo ai nostri ragazzi,verso i
quali
tutti dobbiamo sentirci responsabili,dal momento che dovranno
accogliere la
nostra eredità e prendere un giorno il nostro posto? Che
senso ha
parlare della Pace nel mondo,di pronunciarsi contro la guerra, se non
riusciamo
nel nostro piccolo a realizzare una convivenza civile e pacifica? C’è
bisogno di
effettuare un salto qualitativo. E’
indispensabile,come diceva Papa Giovanni
Paolo II, “costruire ponti,non
innalzare muri”.La storia stessa,maestra di vita,ci insegna che i
muri
dividono irrimediabilmente .Non dobbiamo,pertanto, fomentare situazioni
che
conducono alla creazione di barriere che inevitabilmente risultano
,poi,insormontabili. A
chi giova tutto
ciò? Cerchiamo
di
focalizzare l’attenzione su mete comuni, che devono prescindere dalle
lotte di
partito!La nostra comunità dispone di forze esigue ma valide che
non possono
disperdere le proprie energie in questioni di poco conto, perdendo di
vista gli
obiettivi principali! Bisogna
smetterla
di parlarsi addosso,di sparlare a
vicenda,lasciandosi prendere la mano da facili piagnistei! Bisogna
smettere di
vendere fumo! Bisogna
abbandonare
gli atteggiamenti di orgoglio e di sfida, i giudizi precostituiti verso
chi non
condivide le proprie idee! Bisogna entrare nell’ordine di idee che chi è
stato
scelto per guidare la nave sulla quale tutti navighiamo deve avere il
tempo
materiale di condurre in porto la sua imbarcazione e
che,pertanto,criticare
ogni suo passo solo per partito preso è quanto mai infruttuoso e
controproducente,oltre che antidemocratico! Bisogna
credere nel
prossimo, di qualunque colore sia! Bisogna
imparare a
dare fiducia! Bisogna
accettare
che uno possa anche sbagliare! Bisogna
imparare a
chiedere perdono a chi abbiamo offeso! Bisogna
imparare a
tendere la mano e ad accogliere chi è disposto a chiedere
perdono! Bisogna
acquisire la consapevolezza di appartenere ad un’unica piccola
comunità
che deve tentare in tutti i modi di sopravvivere alle sfide del futuro
avvalendosi di tutte le forze disponibili!Perché tutti siamo
membra di un unico
corpo,come recita S.Paolo nel Paragone
del corpo: un membro solo, ma
di molte membra.Se il piede dicesse: «Poiché io non sono
mano, non appartengo
al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo.
E se l'orecchio
dicesse: «Poiché io non sono occhio, non appartengo al
corpo», non per questo
non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio,
dove sarebbe
l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? Ora, invece, Dio ha
disposto le
membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto.Se poi tutto
fosse un
membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno
solo è
il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: «Non ho bisogno
di te»; né la testa
ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi quelle membra del
corpo che sembrano
più deboli sono più necessarie; e quelle parti del corpo
che riteniamo meno
onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono
trattate
con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio
ha
composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne
mancava, perché non vi
fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une
delle
altre.Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e
se un
membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi
siete corpo di
Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.” Non
intendo con
questo mio intervento ergermi a giudice di nessuno. Il
mio intendimento
è esclusivamente quello di offrire dei suggerimenti per
costruire assieme un
futuro migliore, lasciando alle spalle gli esempi poco proficui del
passato. La
solennità della Pentecoste stessa, invitando a riflettere sui
sette doni dello
Spirito Santo,suggerisce di invocarli e avvalersi di ognuno di essi :
·
Sapienza,che
non è solo conoscenza ma stile di vita, capacità di
approfondire le cose, provocazione ai valori veri della vita;
·
Intelletto,
che è la risposta al bisogno di conoscenza e verità,
coinvolgendo non solo la mente ma anche il cuore, la volontà,
la passione, e persino l’azione. Chi conosce con l’intelletto
non si ferma all’esteriorità e al momento, ma sa cogliere
le conseguenze delle cose e accettarle;
·
Consiglio,che
offre un discernimento intuitivo e sicuro nelle scelte che facciamo
per conoscere la volontà di Dio;
·
Fortezza,che
ci abilita a sopportare fatiche e sofferenze ma anche ad affrontare
tentazioni e difficoltà;
·
Scienza,che
ci dà la capacità di vedere le cose come le vede Dio,
facendo sì che possiamo vedere sempre tutte le creature con
gli occhi della fede e facendo percepire con sensibilità
viva la presenza del Creatore nelle creature e la presenza di Gesù
in tutti gli uomini;
·
Pietà, che ci fa sperimentare la tenerezza del Padre e ci fa sentire
figli prediletti, dandoci il senso della Divina Provvidenza.E’
un dono che coinvolge volontà, azione, sentimenti delle persone.
E’ una sensibilità del cuore, di quel cuore di carne
che Dio ha messo al posto del cuore di pietra. Diventa così
importante perché prepara il terreno per tutti gli altri
doni. E’ cuore capace di ascoltare la parola del Signore e
far sì che diventi impulso per le azioni. Insegna a desiderare
come Dio desidera. Questo rapporto con Dio ha conseguenza anche
sul nostro rapporto con gli uomini. Ci fa sentire vicini agli altri,
fratelli. Sensibili, senza sentirsi migliori perché la pietà
porta sempre con sé l’umiltà.
· Timore
di Dio,
che non è paura, ma il riconoscere la santità e la
trascendenza, la maestà di Dio. Non è la paura e non
è neanche in contrasto con l’amore. Esso è prima
di tutto rispetto, riconoscimento della sua grandezza, fiducia nella
sua giustizia. Frutto del Timore del Signore è la coerenza. Nell’augurare
a
tutti voi di trascorrere una giornata serena e edificante nello stesso
tempo,mi
congedo da voi con la prima lettera di S. Paolo ai Corinzi,che è
la celeberrima
lode della Carità,affinchè
corrobori in
ciascuno la volontà di costruire in completo spirito di
collaborazione. Corinzi 1 - Capitolo 13 Se anche parlassi le lingue degli uomini e
degli angeli, ma
non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un
cembalo che
tintinna. E se avessi il dono della profezia e
conoscessi tutti i
misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede
così da
trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono
nulla. E se anche distribuissi tutte le mie
sostanze e dessi il
mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi
giova. La carità è paziente,
è benigna la carità; non è invidiosa
la carità, non si vanta, non si gonfia,non manca di rispetto,
non cerca il suo
interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode
dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.Tutto copre, tutto
crede, tutto
spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le
profezie scompariranno;
il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La
nostra conoscenza è
imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà
ciò che è perfetto,
quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino,
parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò
che era da
bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera
confusa;
ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma
allora
conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la
speranza e la
carità; ma di tutte più grande è la carità!
Bocchigliero, 15 maggio 2005
Omelia Festa del S.Patrono S.Nicola di
Bari - Pentecoste
Il parroco Don Nando Ciliberti |