MUOVE I PRIMI PASSI IL POPOLO DEI “CERCATORI”
FUNGHI….TRA CONSIGLI UTILI E NOTE DI FOLKLORE
E’ giunta finalmente l’ora. Sulla tavola dei buongustai calabresi, regnano già i primi piatti tipici a base di funghi freschi, che, com’è noto occupano un posto di primo piano nella gastronomia locale.
E’ tempo di funghi, dunque! Le piogge (per la verità non ancora abbondanti) dei giorni andati hanno rinforzato l’aspettativa di numerosi appassionati che si sono recati nelle zone montane alla ricerca di questi gustosi frutti del bosco.
Andando per funghi non è difficile imbattersi in persone esperte, o comunque non nuove a tale pratica, che non si risparmiano di dare utili consigli agli sprovveduti. Esse si presentano ai nostri occhi bene attrezzate: indossano abiti pesanti, portano gli immancabili stivali e sono munite di bastone, coltello e cesto. “Bisogna evitare – ci dicono – l’utilizzo di sacchetti di plastica”. Difatti la plastica favorisce i processi di fermentazione e potrebbe far aumentare in alcuni funghi commestibili il grado di tossicità e trasformarli in funghi molto insidiosi. Il bastone serve per smuovere le foglie, gli aghi di pino o altro e il coltello per prelevarlo dal suolo al momento del ritrovamento, evitando di sradicarlo.
Bisogna evitare l’uso di rastrelli ed altri arnesi che potrebbero danneggiare l’humus ed il micelio. Si raccomanda di raccogliere esclusivamente i funghi conosciuti, sulla cui commestibilità non vi è alcun dubbio, perché “….chini mora d’i fungi, ‘un c’è nissunu c’u chjangia…” (Chi muore a causa dei funghi, non c’è alcuno che lo piange). Chiaramente trattandosi di un detto popolare, come tanti altri, esso si utilizza come metafora per riferirsi ad altre situazioni. Rimane però il fatto che la morte per ingestione di funghi velenosi è considerata una “morte da stupidi” e, in quanto tale, evitabile se si prendono le giuste precauzioni e si adotta un comportamento civile.
E, a proposito di buone maniere, i più accorti consigliano di non portare a casa i funghi non sani destinati alla pattumiera. Il controllo sull’integrità del prodotto deve avvenire in loco per consentire a migliaia e migliaia di spore di compiere il loro “iter” verso la riproduzione della specie.
E’ cattiva abitudine di molti calpestare o comunque abbattere i funghi non conosciuti. Questo è un atteggiamento irrispettoso nei confronti di altri più competenti che potrebbero raccoglierli ed inoltre si contribuisce a distruggere quell’equilibrio biologico del quale il fungo rappresenta una componente rilevante. Quando si va per funghi si incontrano, tra gli altri, anche numerosi cacciatori. La cultura popolare calabrese suole abbinare queste due componenti in un proverbio che recita così:….. “Annu fungiàru….annu beccacciaru” (L’anno che si presenta con tanti funghi è l’anno giusto in cui abbondano pure le beccacie). Una variante dello stesso proverbio dice….. “Quannu èscianu ‘i rosìti….’e beccaccie sù alli pinìti” (Quando compaiono i rositi, le beccaccie sono nelle pinete).
Tra i boschi scorgiamo anche interi nuclei familiari. Le donne, in particolare, pare che abbiano un “fiuto speciale” per questo alimento che un tempo era denominato “la carne dei poveri” perché ricco di proteine oltre che di sali minerali.
Ci auguriamo che anche i più giovani decidano a staccarsi di tanto in tanto, dagli ambienti chiusi dei video poker e a tuffarsi nei boschi ricaricandosi di buon ossigeno che è fonte di vita per i nostri polmoni inceneriti dallo smog. Ci auguriamo che essi si appassionino a questo eterno ed inestinguibile mondo dei funghi, che va sicuramente compreso e valutato, ma anche amato e protetto.
Carlo Grillo
(Presidente Ass. Cult. “Calabria Logos” per la riscoperta e la rivalutazione delle tradizioni popolari calabresi)