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CENNI STORICI
La mancanza di uno studio specifico intorno ai resti del castello di Pietrapaola lascia un gran vuoto sulle origini del Castrum, che, per la particolare posizione geografica, doveva ricoprire un ruolo di certo considerevole nella difesa del territorio circostante.
Nessuna notizia pervenutaci del periodo Normanno-Svevo; dal 1269, anno della signoria del francese Elia di Ganz, il contado sembra popolarsi gradatamente, forse soprattutto per le attività silvo-pastoriali che potevano espletarsi nelle grandi «Difese» demaniali di querce e castagni, ove era possibile allevare pregiate mandrie di cavalli e di buoi da lavoro, necessari all’industria agraria del tempo.
Da alcune note di pagamenti fiscali alla Regia Corte, Pietrapaola appare fin dal 1300 come un centro abitato di notevole interesse economico: sembra, infatti, che la particolarità del territorio consentisse il commercio di alcuni settori artigianali di primaria importanza, quali le manifatture di panni di lana, di doghe per botti e di basti per muli ed asini.
In ordine cronologico i feudatari di Pietrapaola furono i Britti (1413), Diego Cavaniglia (1480), Ferrante d’Aragona, Ruffo di Licodia, Mandatoriccio di Rossano e Sambiase di Cosenza, ultimi intestatari.
Il palazzo baronale posto in località «Rio» aveva sostituito l’antichissimo castello, distrutto probabilmente nell’incursione turca di Bechin Bassà del 1644, come attesta un'epigrafe posta a lato della Chiesa Parrocchiale.
Tra gli effetti feudali che il barone possedeva sul territorio di Pietrapaola figuravano la Bagliva, la Dogana, la Catapania, la Castellania che solitamente si fittavano per Ducati 110; la Zecca e Portolania, che si appaltavano all’Università (odierno Comune) per Ducati 3; la Fida dei Capitoli, su paglia minuta, pagata dall’Università per poter i cittadini buttare le immondizie per le strade senza incorrere in alcuna pena a favore della Principal Corte. Godeva ancora la Camera baronale della Mastroddatia civile e criminale delle prime e seconde cause, comprendente la mastroddatia della Bagliva. Il fitto dei molini per la macinatura delle granaglie era, secondo la consuetudine, riscosso in grano rivellato o anche in grano di molitura; con egual genere di vettovaglie il feudatario concedeva le conche per lavorare la seta e l’uso della «varchiera».
Della razza «Sambiase» erano famosi durante il ‘700 i muli ed i cavalli allevati, appunto, in territorio di Pietrapaola nelle «Difese» di Senno, di Malalbergo, di Orgia, di S. Elia; gli uni e gli altri furono distrutti dal brigantaggio del decennio francese.
Degne di studio sono le numerosissime escavazioni che ricoprono il territorio, in particolar modo quelle attorno al castello, ove si tramanda essere un passaggio per accedere all’interno di una grotta, dalla quale - e soltanto da questa - era possibile, nei tempi della piena attività del Castrum, metter piede sulla sommità della cittadella.
In tutte le fasi del brigantaggio meridionale, dal 1799 al 1865, Pietrapaola partecipò, da una parte e dall’altra; la fermezza e l’incomprensione delle autorità militari francesi furono certamente la causa determinante di tale fenomeno, soprattutto se si considera il male prodotto dall’abolizione dei tribunali locali che espletavano «paternamente» le questioni di furti, litigi e danni di vario genere.
ORIGINE DEL NOME
Di probabile origine brezia, Pietrapaola sorge ai piedi di un imponente masso (oggi chiamato “ Timpa del Castello”) dal quale prende anticamente nome il paese: “Petraia”, ovvero il luogo della rupe. È documentato nel 1325 con il nome di Castrum Petrapaule.
RISORSE STORICO ARTISTICHE
Ad oggi, attraversando il centro antico del paese, sovrastato da due scoscesi rupi - quella del Salvatore e la Timpa del Castello - si scoprono elementi del tessuto urbano afferenti a diverse epoche storiche. Degne di studio sono le numerosissime escavazioni che coprono il territorio, in particolar modo quelle attorno al fortilizio baronale (di cui restano solo poche e misere vestigia, per altro poco appariscenti), ove forse era un passaggio interno ad una grotta - la cosiddetta Grotta del Principe - per accedere al sommo della cittadella. Partendo dalla piazza del Rìo, che si ritiene la più recente tra le piazze del paese, e addentrandosi nel borgo si possono osservare, nell’ordine: I’Arco del Colonnello (una delle principali Porte d’ingresso al centro abitato); la Chiesa Madre di S. Maria delle Grazie, con le sue epigrafi, poste a ricordo delle incursioni moresche, l’Arco del Cimitero, il rosone ed una caratteristica finestrella tardo-bizantina, resti certamente dell’antica chiesa medievale che venne devastata più volte dagli incendi dei corsari.
Grande importanza assume anche la Chiesetta detta di S. Biagio, ricostruita nel 1602 sui resti dell’antica chiesa medievale, all’interno della quale esisteva un’importante icona di S. Biagio; alle pareti vi erano dipinti degli angeli in atto di suonare i violini. Di tutto ciò, purtroppo, non è rimasto niente.
Infine, ma non ultimi, sono da citare i resti archeologici della poderosa cinta muraria, di origine brezia, che difendeva l’accesso dal mare; l’Altopiano delle Muraglie di Annibale nè è un tipico esempio.
PRODOTTI TIPICI
Prodotti tipici alimentari
Formaggi; olio ed olive; vino; funghi (porcini sott’olio), sardella; salumi tipici; conserve, dolciumi tipici; fichi secchi; melanzane e peperoncini sott’olio.
Prodotti tipici artigianali
Lavorazione del legno, del vimini e ferro battuto.
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