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CENNI STORICI
Le fonti documentarie e le investigazioni archeologiche concordano nel confermare la fondazione della città in epoca romana. Nell'ambito di un territorio fortemente influenzato dalla colonizzazione magno-greca, appare sicura la frequentazione del sito in età più arcaica, attestata dal rinvenimento, in località S. Stefano, di pochi corredi funebri e di altri oggetti di uso quotidìano, di produzione non autoctona. Tuttavia, il toponimo, e, con esso, il primo agglomerato che stabilmente si sostituì alle pregresse frequentazioni occasionali e discontinue, viene fondatamente collegato alla deduzione di una colonia romana ad opera della famiglia "Roscius', che qui dovette stabilire una propria villa secondo l'ordinario sistema latifondistico di sfruttamento delle risorse agricole in età tardo-antica.
L'itinerario Antonino del Il secolo d.C. indica "Roscianum" come una delle stazioni della strada Traianea che collegava Taranto a Reggio e così pure la cosiddetta Tavola Peutingeriana di poco posteriore. Procopio di Cesarea, nel suo resoconto sulla guerra gotica, cita "Ruskìa" quale porto di Turia e lì da presso un castello fortificato omonimo. Alcuni recenti rinvenimenti nel pianoro pedecollinare hanno attestato la presenza dì edifici a funzione polivalente, abitativa ed agricola, così come l'investigazione delle strutture murarie dell'antico convento dei Cappuccini ha consentito di accertare la costruzione di alcune pareti secondo tecniche riconducibili ad un impianto romano. Entrambi i casi costituiscono il riscontro oggettivo delle origini della città nata da un iniziale baluardo fortificato posto sul promontorio roccioso, immediatamente prospiciente il mare, ed eretto a difesa degli impianti residenziali e produttivi del sottostante pianoro; poi, il progressivo abbandono della pianura, sotto la spinta di una sempre più incombente minaccia saracena e deI conseguente inselvatichimento dei terreni agricoli, determinò il formarsi dell'agglomerato urbano, entro cui si raccolsero contadini e signori a difesa dei propri beni e della propria vita.
Inespugnata dai Visigoti di Alarico nel 412 e dai Longobardi nel 573, passa, già durante il corso della guerra greco-gotica (535-553), sotto la dominazione dell'Impero di Bisanzio, di cui diventa in Italia uno dei centri più attivi e sicuri, dal VI all'XI secolo. Rossano consolida allora il suo ruolo strategico militare di città-fortezza, diventa l'avamposto più settentrionale del Bruzio, invalicabile dall'espansionismo dei Longobardi di Benevento; è l'unica città del Sud Italia a resistere alle incessanti e rovinose incursioni dei Saraceni della Sicilia. Un centro militare, dunque, sicuro e di primo ordine, oltre che un centro politico-amministrativo tra i più importanti del dominio bizantino, che ospita i più alti dignitari della corte di Bisanzio, ma anche dell'impero Italo-Tedesco, probabilmente Ottone I di Sassonia (969) e certamente Ottone II e il figlioletto, il futuro Imperatore Ottone III (982). Per la sua sicurezza ed affidabilità, Rossano, nel 951/952, accoglie tra le sue mura lo Stratego (cioè il capo militare e civile) dei due Themi di Calabria e Longobardia, allorché Reggio Calabria cade in mano agli Arabi, e diventa così la capitale dei possedimenti bizantini in Italia.
È il momento della massima fortuna, potenza, importanza e notorietà per Rossano, che le valgono perciò i titoli onorifici di Ravenna del Sud, "la perla bizantina della Calabria".
La Rossano bizantina copre un ruolo, inoltre, di primissimo piano nella storia religiosa e culturale, che va oltre i limiti spaziali del Mezzogiorno d'Italia e temporali dell'Età bizantina: la città, infatti, per l'intensità delle attività del Movimento Monastico Calabro-Greco , è stata una dei più interessanti e qualificati punti di riferimento della spiritualità, della cultura e della Civiltà Greco-Cristiana dell'intera epoca medioevale. Rossano è, comunque, sicuramente sede di Diocesi nell'820, quando è Vescovo Cosma. A determinare o favorire il trasferimento della Sede Vescovile a Rossano intervengono pressioni molteplici di diversa natura, ma, in maniera decisiva, certamente ha influito l'ampiezza del proselitismo monastico, che, fin dalla metà circa del secolo VII, fa di Rossano un Aghion Oros, cioè una Montagna Sacra, una vera e propria Tebaide, un Monte Athos rossanese, una delle principali zone ascetiche del tempo. Infatti, nell'Oriente Bizantino, tra la fine del 500 e l'inizio del 600, le invasioni dei Persiani Sassanidi e poi quelle degli Arabi Musulmani determinano un'emigrazione massiccia e continua verso le regioni meridionali d'Italia: di quel forte esodo, una vera diaspora, i monaci greci costituiscono la parte più consistente.
Agli inizi del secolo VIII, Rossano dà il suo secondo Papa alla Chiesa, Benedetto Sanidega, Pontefice, dal 705 al 707 col nome di Giovanni VII; il primo fu probabilmente San Zasimo (417-418).
Al secolo VIII, al tempo delle persecuzioni iconoclastiche, risale probabilmente l'affresco parietale dell'Achiropita (Madonna non dipinta da mano umana), uno dei capolavori dell'arte sacra bizantina, appartenente ad un Oratorio ubicato presso la grotta di un eremita (forse Efrem), che verrà successivamente ampliato e diverrà, a metà del Mille, la nuova Cattedrale della Città, dedicata appunto all' Achiropita, alla quale i Rossanesi saranno tanto devoti fino ai giorni nostri. Il secolo X, che per l'Europa è uno dei secoli di ferro tra i più tormentati e drammatici della sua lunga storia, viceversa è il secolo d'oro per Rossano. Per un verso, essa diventa l'epicentro politico-amministrativo del dominio bizantino: Rossano allora è il centro urbano più grande ed importante della Calabria, con un porto di prim'ordine, tale anche dopo, sotto i Normanni, sede dello Stratego (il Governatore Bizantino), di Vescovado, di uffici amministrativi, di officine artigianali, di botteghe d'arte. Per l'altro verso, Rossano è anche una delle Città più importanti di irradiazione dell'Ellenismo Religioso e Culturale. Infatti, numerose e di alta qualità sono le istituzioni educative e le scuole monastiche cittadine, dalle quali escono gli uomini più rappresentativi di quel tempo.
Intorno al sec. X, a Rossano i monaci calabro-greci sostituiscono all'architettura rupestre quella sub-divale (fuori terra) delle prime sobrie forme edificatorie in muratura, gli Oratori, tra i quali il S. Marco, la Panaghia, il Pilerio, la Cattedrale-Santuario dell'Achiropita, poi le deturpate Chiesette di S. Nicola all'Ulivo, dei SS. Apostoli poi S. Maria di Costantinopoli, di S. Vito, di S. Maria del Soccorso, di S. Michele, ecc.
Queste emergenze sacre costituiscono, assieme al Monastero del Patirion, le monumentalità bizantine più rappresentative, più note e meglio conservate dell'Italia Meridionale. Ed anche le testimonianze più significative della Bizantinità di Rossano, assieme alla stessa struttura urbanistica medioevale della Città.
Nel 1059, Rossano passa sotto il dominio dei Normanni. Questi le conservano dignità e riguardo, non feudalizzandola e riconoscendola Città Regia cioè Libera Università. Rossano, la potente, la fiera, costretta a cedere politicamente, oppone, però, una tenace resistenza al proposito dei Normanni di rilatinizzare la Chiesa e di imporre un Vescovo Cattolico, tanto che quelli sono costretti a rinunciare: la Chiesa Rossanese, caso, se non unico, raro, rimarrà di rito, liturgia e Vescovo greci per altri 400 anni, fino al 1460. Anzi, nella seconda metà dell'XI sec., la Sede Vescovile viene accresciuta d'importanza ed elevata ad arcivescovado prima e (lo rimarrà fino ad oggi) e a metropolia poco dopo (almeno dal 1190 fino agli inizi degli anni '50).
Durante il Periodo Normanno (1059-1196), Rossano mantiene intatti il suo prestigio e la sua vitalità, così anche nel corso della Dominazione Sveva (1196-1266), quando continua a vivere il ruolo di protagonista, proprio di una città libera, specie al tempo dell'Imperatore Federico II. Il Periodo Angioino (1266-1442) è, invece, una fase di decadenza complessiva per l'intero Sud, che nasce dal malgoverno, dallo sfruttamento fiscale e dal duro sistema feudale dei dispotici governi angioini. Rossano, allora, si autogoverna amministrativamente (il Sedile). Nel 1417, per opera della regina Giovanna II, Rossano, da libera Università passa sotto il regime feudale e diventa Principato. Questo viene concesso a Polissena Ruffo, la prima principessa di Rossano; poi, alla sorella Covella; quindi al figlio di questa, Marino Marzano, che, a metà del '400, fa costruire, sulla parte alta della città, un grande castello, detto la Torre del Giglio (volgarmente Ciglio della Torre), poi andato perduto, e, nella parte occidentale, con i resti della fortezza romana, una Casamatta (attuale palazzo Sorrentino). Anche sotto gli Aragonesi (1442-1504), Rossano giace sotto il dominio feudale: il Principato, dopo la signoria del Marzano, passa a Ludovico Sforza, detto il Moro, futuro signore di Milano; successivamente, ad Isabella d'Aragona, quindi, nel 1524, alla figlia di questa, Bona Sforza, la quale assomma nella sua persona ben tre titoli, principessa di Rossano, duchessa di Bari e regina di Polonia.
Il Periodo Aragonese, anche se migliore rispetto a quello Angioino, è funestato da lotte civili e dalle continue incursioni della pirateria Turca: vengono, perciò, approntati castelli fortificati e Torri di guardia sulla costa, alcuni ancora esistenti sulla fascia Ionica, come il massiccio Castel Sant'Angelo nella frazione omonima.
Durante la Dominazione Spagnola (1504-1714), le condizioni demografiche, politiche, civili ed economiche segnano un grave ristagno e addirittura un peggioramento, a causa soprattutto del doppio sfruttamento feudale e regio: Rossano reagisce e spesso prorompe in aperte ribellioni, soffocate però con spietata ferocia.
La città continua a svilupparsi urbanisticamente e ad arricchirsi di nuove e significative presenze. Sorgono numerosi e grandi palazzi gentilizi, Chiese e Monasteri, Associazioni culturali e religiose, assistenziali e sociali. L'arcivescovo Gian Battista Castagna diventa Papa col nome di Urbano VII (dal 15 al 27-IX-1590). Sorge, nel 1595, l'Ospedale di San Giovanni di Dio, a fianco della Chiesa dell'Annunziata nella Piazzetta, allora il cuore della Città. Nel '600, Rossano passa alla Principessa Olimpia Aldobrandini, fondatrice della Chiesa di San Nilo (1620), ed infine ai Principi Borghese di Roma (1637-1806). Sul piano culturale, dai primi del '500 alla metà del '700, Rossano rivive e rinnova il ruolo di Città di cultura: infatti, proliferano le istituzioni religiose (tra le quali attivo e il Seminario Diocesano, inaugurato nel 1593); si affermano due Accademie (associazioni letterarie, scientifiche, filosofiche, giuridiche), note a livello nazionale, quella dei Naviganti, e quella degli Spensierati, che, alla fine del '500 si fonderanno ed avranno l'adesione di illustri personalità, come il Papa Benedetto XIII ed il filosofo Gian Battista Vico; sorge il teatro Paolella, modellato su quello della corte borbonica di Napoli, unico nella Calabria alla fine del '700.
Nel Secolo dei Lumi, sotto il Dominio Austriaco (1714-1738) e Borbonico (1738-1860), Rossano partecipa attivamente al dibattito e alle lotte politico-sociali promossi dall'Illuminismo, specie giacobino, pagando un costo rilevante particolarmente nel corso della reazione sanfedista del 1799, quando molti Rossanesi scontano col carcere e con l'esilio il loro amore per la libertà e Pietro Malena di Carfizzi viene fucilato. Durante il Decennio Francese (1806-1815), Rossano ritorna ad essere Città Regia, liberata dagli orrori e dallo sfruttamento del feudalesimo.
Partecipa intensamente al processo del Risorgimento, dando un contributo significativo di presenze, di lotte e di sacrifici sia nella fase cospirativa (eroica è la figura di Domenico Morici, uno dei protagonisti dei moti del 1820-1821), sia nell'impresa leggendaria di Giuseppe Garibaldi (Luigi Minnicelli è uno dei Mille), sia infine nella fase di costruzione dell'unità d'Italia.
Rossano, ai primi dell'800, diventa Capoluogo di Distretto (28 Comuni), sede di Sottointendenza, capoluogo di Circondario e sede del Giusticente; per un momento pare che debba diventare Capoluogo di Provincia; dal 1894 al 1926 è comunque Sede di Sotto-Prefettura; nel 1865 diventa Sede di Tribunale, nel 1875 di Corte d'Assise e, nel contempo, di distretto militare; a partire dal 1811, la Città si arricchisce di nuove istituzioni scolastiche superiori e, nel 1871, prima di altre città più grandi e famose, di Ginnasio, che diventerà poi Liceo Ginnasio, scuola illustre per cultura e vita democratica e per aver formato gran parte della classe dirigente del comprensorio; inoltre, nella seconda metà dell'800, è centro di numerosi circoli culturali e produce vari giornali e periodici; nel 1876, Rossano inaugura il tronco ferroviario Ionico e, dopo qualche anno, avvia la prima illuminazione elettrica e le prime centrali termoelettriche dell'intera Calabria.
Nel '900 Rossano vive le vicende che caratterizzano la Calabria con dignità e spesso da protagonista: conosce il dramma dell'emigrazione, è al centro delle lotte sociali, sindacali e politiche, patisce le sofferenze e le ingiustizie della dittatura fascista, alla quale reagisce con i suoi uomini migliori ed offre un contributo non indifferente di lotte e sofferenze alla Resistenza (Cesare Rossi paga con la vita il suo amore per la libertà e la giustizia sociale), partecipa con tanti coraggiosi alla lotta di liberazione dal nazi-fascismo, svolge una funzione attiva nel processo lento della ricostruzione della vita civile, democratica e materiale della Regione, esercitando un ruolo di grande prestigio, trainante ed egemonico, nel vasto territorio della Calabria Nord-Orientale.
ORIGINE DEL NOME
Di probabile origine Enotria, Rossano trae il suo nome dal greco rusion (che salva) e acron (promontorio, altura) da cui derivano le versioni medioevali "Ruskia" o "Ruskiané" o "Rusiànon"; ovvero dal latino "Roscius", famiglia romana alla quale potrebbe essere stato affidato il governo del "Castrum" e che avrebbe dato il nome di "Roscianum" al centro urbano.
RISORSE STORICO ARTISTICHE
La Cattedrale
Un'edicola costruita presso l'eremo in cui era rappresentata l'immagine della Madonna fu il punto di riferimento da cui prese avvio il sorgere della chiesa, avvenuto specialmente per il concorso dato dall'Imperatore Maurizio (582-602). Nel sec. XIII si arricchì di preziosi ornamenti, arredi sacri e donazioni da parte del Re Ruggero, di Guglielmo II, di Tancredi, della regina Costanza e del figlio Federico II.
Roberto d'Angiò nel sec. XIV ampliò la Chiesa verso il Coro. I primi restauri nelle strutture e negli impianti murari si ebbero nella seconda metà del sex. XV.
La Chiesa fu consacrata il 18 settembre 1580 e fu definita nella sua forma ultima dall'Arcivescovo Sanseverino (1592-1612). Sagrestia e locali annessi vennero costruiti tra il 1629 e il 1645 e la fila delle Cappelle nella navata minore sinistra dai successori del Sanseverino.
Valide le opere dell'Arcivescovo Adeodati (1697-1713): soffitti navate laterali, presbiterio, altari in bell'intarsi in marmo, fonte battesimale, tabernacolo esterno dell'Achiropita ad altare con pala intarsiata.
Singolare il pulpito in marmo (1753) che tuttora si ammira e, pregevole opera del 600, il grande Organo restaurato nel 1979-80.
"La Cattedrale - scriveva l'Arcivescovo Marsiglia nel 1947 - nata nel secolo di Giustiniano, sotto la dominazione dei Bizantini, di cui restano ricordi inestimabili l'immagine dell'Achiropita e il Codice Purpureo; sede di cattedra vescovile dal sec. VIII; ritenuta il palladio della città per la sua Santa Icona; vide nel sec. XI per saggezza di Autorità ecclesiastiche e civili e temperamento di popolo, ai Bizantini succedersi quasi insensibilmente i Normanni e crescere nello stesso secolo l'importanza della sede, con la elevazione ad Arcivescovado. Ebbe assidue cure dai Bizantini, come più tardi, dai Normanni, dagli Svevi e dagli Angioini, e fu sempre il supremo pensiero di ogni Vescovo o Arcivescovo".
Quasi al centro della Chiesa Cattedrale su uno dei pilastri si trova l'Icona Achiropita: l'affresco è chiuso in un'edicola quadrata di marmi policromi ad intarsio di provenienza napoletana dei primi del sec. XVIII.
La storia civile e religiosa di Rossano trova gran parte della sua struttura portante in questa immagine che si venera da tempo immemorabile. La tradizione, in cui sono mescolati elementi leggendari e derivazioni varie, è contenuta in un manoscritto cartaceo, oggi conservato nel Museo Diocesano d'arte sacra di Rossano. L'Ode iconologica che riferisce il racconto della tradizione, è dipinto in 6 pitture nel Coro della Cattedrale.
In sintesi, si narra dell'apparizione di una donna bellissima, biancovestita, la quale avrebbe lasciata la propria Immagine dipinta per intero sulla parete di una colonna. Da allora, perciò, fu chiamata Achiropita, cioè non dipinta da mano umana.
Museo Diocesano di Arte Sacra
E' ubicato nel Palazzo Arcivescovile attiguo alla Cattedrale. Istituito nel 1952, in un primo momento era ospitato nei locali della sagrestia; in seguito si iniziò la ristrutturazione di un'ala del Palazzo Arcivescovile per dargli una nuova sede. Il Museo custodisce il preziosissimo codex purpureus e una serie di testimonianze artistiche, materiale documentario, suppellettili sacre e liturgiche di straordinario valore. Tra questi, di particolare interesse, un bellissimo specchio greco in bronzo del V secolo a.C. e altri reperti archeologici, le tavole della Nuova Odigitria (del secolo XV), un ostensorio cesellato in stile gotico, la Sfera greca, del XV secolo, una magnifica statuetta in argento dell'Achiropita del XVII secolo, diverse pergamene, pregevoli tele e statue lignee delle più svariate epoche. Il Museo è aperto tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 12, eccetto giovedì e domenica.
La Panaghya
La piccola chiesa della Panaghya è situata nella parte bassa del paese, quasi al centro di esso, avendo come punti di riferimento topografici a nord la Cattedrale e l'Arcivescovado e a sud l'edificio adibito a Liceo-Ginnasio. Essa si trova nel bel mezzo di un agglomerato di vecchie case e dirute stradine, che le lasciano poco respiro e quasi ne occultano la semplice ed armoniosa linea. La costruzione si presenta ad unica navata coperta da una travatura lignea del tetto a capriate in vista, con l'abside semicircolare con semicatino superiore.
L'esterno presenta, oltre alla facciata ampiamente rifatta, i fianchi privi di qualsiasi decorazione in cui compaiono sei monofore, illuminanti internamente l'aula; segue infine l'abside semicircolare con una finestra bifora. La costruzione è di muratura ordinaria; l'orientamento è quello tipico delle chiese bizantine, cioè da oriente ad occidente.
Le monofore laterali sono terminate da archetti in mattoni a pieno centro e si impostano un po' dentro la linea dei piedritti realizzati in pietra calcarea del luogo. Hanno la tipica risega d'imposta che rende il diametro dell'arco lievemente maggiore della distanza tra gli stipiti. Fanno eccezione gli archetti della bifora absidale ugualmente realizzati in mattoni, sostenuti da una colonnina centrale con pulvino a forma di stampella.
Una caratteristica è costituita da alcuni fori lenticolari formati da cilindri in terracotta di varie forme. Singolarità interessante è costituita dalla presenza di un tipo di decorazione in cotto a zig-zag adottata sulla parete esterna dell'abside. Rilevando tutti questi elementi architettonici si può collocare la Panaghya, come datazione, tra i monumenti di epoca bizantina che precedettero le grandi costruzioni dei secoli XI e XIII, con caratteristiche proprie ereditate e mantenute vive, in particolare dall'ordine Basiliano .
Chiesa S. Bernardino
Fu fondata, insieme all'adiacente convento, nel XIV sec. dai frati francescani. Ristrutturata diverse volte nel corso del tempo, essa presenta un'interessante facciata sulla quale si apre un bel portico, che conserva un pregevole portale tufaceo del XV secolo.
L'interno, a due navate di diversa ampiezza, conserva un bell'altare maggiore sovrastato da un grande crocifisso in legno, uno dei bellissimi lavori lignei ad intaglio del XVII sec. conservati al suo interno.
Sono presenti anche pregevoli tombe monumentali del periodo rinascimentale tra cui citiamo quella di Oliverio di Summa, del 1596, con statua giacente del defunto e del Malena (XVIII secolo).
Sono presenti anche alcune tele ottocentesche di pregevole fattura.
Architettura civile
Segni del basso medioevo si riscontrano in numerosi particolari di palazzi del centro storico di Rossano: ricordiamo il cortile del Palazzo Pisani (con scalone preceduto da leoni in pietra), la facciata del Palazzo Amarelli (poi vivacemente arricchita in epoca barocca), il Palazzo Malena e il Palazzo Sorrentino, costruiti incorporando antiche fortificazioni. Del poderoso castello del principe Marino Marzano (XV secolo) restano solo interessanti cunicoli scavati a scopo difensivo.
Rossano possedeva anche, in epoca romana e bizantina, un altro castello situato dove sorgeva l'ospedale civile; nel 1977 è stato individuato ed esplorato, sotto tale zona, un altro cunicolo di origine antica ma dalle funzioni tuttora controverse. Un terzo cunicolo si trova nel Palazzo Rapani. Il Rinascimento è presente soprattutto in alcuni palazzi del centro (tra cui l'ex convento di S. Maria Maddalena, oggi sede del Municipio) ed in alcune ville dei dintorni (Falco, Longo, Amarelli, Pollice di Mazziotti). Il Seicento ha lasciato pregevoli esempi nella villa di Torrepinta ed in altre. Il Settecento può dirsi il secolo d'oro dell'architettura civile rossanese; tra gli esempi più significativi si annoverano i palazzi Toscano-Mandatoriccio, Pisani, Monticello e numerose ville dei dintorni (Pantaleo, Malvitano, Oliveto Cherubini, Volimento, Crosetto). Grandiose pitture sono nel palazzo Fontanella, mentre nel 1760 fu costruito un Teatro, il più antico della Calabria, tuttora esistente anche se rimaneggiato.
PRODOTTI TIPICI
Prodotti tipici alimentari
Ottimo olio ("dolce di Rossano"), clementine (denominazione I.G.P.: Indicazione Geografica Protetta), mandarini, arance calabresi, sanguinelle, limoni; pasta fatta in casa (maccheroni, tagliatelle); conserve di pesce ("sardella" ed allici salate), di funghi, di melanzane, di pomodoro; salumi (salcicce, soppressata, capicollo); melanzane alla rossanese alla "schipecia"; "catanacio"; "riuneddi"; varietà di pesce e carne; miele; vino; frutta.
Prodotti tipici artigianali
La fabbrica "Amarelli" dal 1735 produce ed esporta liquirizia di alta qualità (medaglia d'oro della società Chimica Italiana: cooptazione nel prestigioso Club "Les Hénokiens" che riunisce le 27 imprese familiari bicentenarie nel mondo). Inoltre, lavorazioni del legno, del vetro, delle pelli, del ferro battuto, restauro di mobili d'arte, ricami.
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